
La limitazione della responsabilità medica ai tempi del coronavirus
In un clima di grave tensione, in cui il Consiglio Nazionale Forense ha preso una posizione decisa nell’ostacolare atteggiamenti di sciacallaggio da parte di avvocati ben disponibili ad offrire ai parenti delle vittime del coronavirus azioni legali contro medici e strutture sanitarie, il Governo ha recentemente approvato l’emendamento proposto dal Partito Democratico al decreto Cura Italia, emendamento volto a limitare le ipotesi di responsabilità dei sanitari, a fronte dell’emergenza sanitaria cagionata dal Covid-19.
Le istanze sollevate dal senatore Andrea Marcucci, infatti, sono tese ad evitare che un medico – in prima linea nel combattere la grave emergenza che ha colpito il mondo intero – possa essere chiamato a risarcire un danno nonostante si trovi ad operare in un contesto di grave incertezza, stante le conoscenze limitate del virus, la carenza del personale sanitario, nonché mezzi di protezione troppo spesso inadeguati e insufficienti.
Più nel dettaglio, è esclusa la responsabilità civile del personale sanitario nelle ipotesi di colpa lieve, residuando nelle sole ipotesi di dolo e colpa grave.
Di conseguenza, sarà possibile promuovere un’azione legale contro il medico o la struttura ospedaliera laddove l’evento dannoso sia stato conseguenza di una condotta intenzionale posta in essere dal medico stesso ovvero laddove sia riscontrabile da parte del personale sanitario una grave violazione degli obblighi di diligenza, prudenza e perizia.
Il tema della medicina difensiva è caro al nostro legislatore, basti ricordare come negli ultimi anni si siano susseguite compulsivamente numerose riforme della materia, dapprima con la Legge n. 8 del 2012, c.d. Balduzzi, e successivamente con la Legge Gelli-Bianco n. 24 del 2017, che hanno portato ad un diverso inquadramento del titolo di responsabilità in cui incorre il medico.
Ma cosa comporta, nei fatti, questa modifica? L’emergenza sanitaria ha portato il legislatore a difendere il medico, limitando notevolmente le ipotesi in cui questi sarà chiamato a rispondere a titolo di responsabilità civile.
La disciplina così come delineata si discosta dal paradigma sancito dagli artt. 1176 e 2236 c.c. che sino ad oggi hanno disciplinato la responsabilità civile del sanitario: se il disposto dell’art. 2236 c.c. limita la responsabilità del prestatore d’opera alle sole ipotesi di dolo o colpa grave, laddove è richiesta la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, la modifica legislativa estende tale limitazione tout court.
Rimane da chiedersi se una tale modifica possa sopravvivere al termine della pandemia in atto, senza dubbio potrebbero configurarsi dei profili di incostituzionalità per lesione del diritto di difesa e del principio di uguaglianza.
14.504 Comments